lunedì 2 febbraio 2015

Il sacrificio di Éva Izsák



Januaria Piromallo

Chiarelettere 2014
€ 13,60

 




Ti stiamo sacrificando e siamo sicuri che capirari il perché.

Questa è una storia vera. Éva Izsák fu fatta suicidare nell'estate 1944, a diciannove e mezzo, in una foresta d'Ungheria, nei pressi di Debrecen.
Éva è l'ultima di otto figli di una famiglia ebrea di estrazione proletaria.
Alla fine della guerra sono rimasti in vita solo la sorella Maria e il fratello Jeno. Tutti gli altri, il padre Antal, la madre Ezster, e i loro figli Margit, Rozsi, Sari, Sandor e Piri sono gassati ad Auschwitz. Ed Éva, per mano di chi e perché perse la vita?
Maria è più grande di Éva di soli due anni e mezzo, poco più che bambine sono attive nel movimento sionista Hashomer Hatzair per poi passare nella resistenza. Ricercate dalle Croci Frecciate, il partito filonazista che andrà al potere in Ungheria il 15 ottobre 1944, le due sorelle, sempre insieme, devono cambiare sempre più spesso rifugio aiutate da documenti falsi e dai loro più cari amici.
A un certo punto però devono separarsi. Maria andrà a Budapest, mentre Éva, consigliata dal giovane Bela Nadler, innamorato di lei, si fermerà a Nagyvarad presso un gruppo di marxisti, che la ragazza non conosce. Ma non c'è motivo di non fidarsi.
Le due sorelle fanno il viaggio insieme, ed è l'ultima volta che si vedranno.
Capo e ideologo del gruppo è Imre Lipsitz, che dopo qualche anno cambierà il suo nome in Imre Lakatos, diventando l'epistemologo di fama internazione erede del filosofo Karl Popper.
Ora possiamo rispondere in parte alla domanda. Éva, tradita da chi la doveva proggere, fu fatta suicidare su mandato di Lipsitz che affidò il compito materiale di farle bere il cianuro dal compagno chiamato Nyuszi, "coniglio".
La storia di Éva Izsák è stata raccontata all'autrice nel 2006 dal filosofo Imre Toth, che in quell'incontro le consegna anche il diario che Maria Izsák aveva tenuto fin da ragazzina e che gli aveva inviato, accompagnato da una lettera dell'amico psicologo Shlomo Ben-Amnon, che per primo lo aveva letto.
Ci sono voluti sessant'anni per riesumare, sepolta dal silenzio, la storia di Éva Izsák, la cui morte si trova all'incrocio tra la ferocia e gli orrori che l'intelligenza, separata dalla pietas, può partorire.
Un libro la cui lettura provoca un dolore lacerante. Una storia che riafferma, in questo tempo che  ci chiede di correre sempre di più, la necessità di fermarsi a ricordare e riflettere.

Januaria Piromallo, napoletana, è giornalista, blogger e scrittrice. Ha insegnato al Master di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ha pubblicato Bella e d'annata (2007) e, con Maria Borrelli, Come pesci nella rete. Trappole, tentacoli e tentazioni del Web (2011).
marinella m.





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