domenica 24 gennaio 2010

Etty Hillesum

Etty Hillesum, una ragazza ebrea olandese di 27 anni, tra il 1941 e il 1942 annota i propri pensieri e gli avvenimenti principali della propria vita. I suoi diari, pubblicati oggi in tutto il mondo, rappresentano la testimonianza di un percorso interiore in cui coraggio e consapevolezza continuano a crescere inesorabilmente mentre fuori regnano indiscusse paura, confusione, violenza e disperazione. La persecuzione e le restrizioni a danno degli ebrei nel corso dei due anni si fanno sempre più dure, minando ogni forma di libertà esteriore, ma l'orizzonte intimo di Etty sembra ampliarsi di giorno in giorno in una visione sempre più limpida e profonda della realtà. La fede incrollabile nella vita resterà salda anche di fronte alla prova estrema: l'internamento nel campo di lavoro di Westerbork che per gli ebrei olandesi rappresentava l'anticamera della deportazione nei campi di sterminio. Proponiamo alcune riflessioni tratte da questo straordinario documento.

25 febbraio 1942
[...] la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi. E per ciò sono molto più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi sistemi possano crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime: così, grandi edifici e torri, costruiti dagli uomini con le loro mani, s'innalzano sopra di noi, ci dominano e possono crollarci addosso e seppellirci.

12 marzo 1942
Se tu vivi interiormente, forse non c'è neanche tanta differenza tra essere dentro e fuori di un campo. Sarò capace di assumere la responsabilità di queste parole di fronte a me stessa, sarò capace di viverle? Non possiamo farci illusioni. La vita diventerà molto dura e saremo di nuovo separati, tutti noi che ci vogliamo bene. Credo che quel tempo non sia più molto lontano. È sempre più necessario prepararsi interiormente.

20 giugno 1942
Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e «lavorare a se stessi» non è proprio una forma di individualismo malaticcio. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile.

1° luglio 1942
Io sono quotidianamente in Polonia, su quelli che si possono ben chiamare dei campi di battaglia, talvolta mi opprime una visione di questi campi diventati verdi di veleno; sono accanto agli affamati, ai maltrattati e ai moribondi, ogni giorno – ma sono anche vicina al gelsomino e a quel pezzo di cielo dietro la mia finestra, in una vita c'è posto per tutto.

3 luglio 1942
Bene, io accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so. Non darò più fastidio con le mie paure, non sarò amareggiata se altri non capiranno cos'è in gioco per noi ebrei. Una sicurezza non sarà corrosa o indebolita dall'altra. Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato, anche se non ho quasi più il coraggio di dirlo quando mi trovo in compagnia.

11 luglio 1942
Non mi porto ritratti di persone care, ma alle ampie pareti del mio io interiore voglio appendere le immagini dei molti visi e gesti che ho raccolto e quelle rimarranno sempre con me.
m.m.

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